13 gennaio 2013

Maternità & Lavoro

L'istituzione del congedo di maternità, in Italia,  risale agli anni '70, periodo in cui c'è stata la diffusione a macchia d'olio del latte artificiale, grazie ad un'abile operazione pubblicitaria, che è riuscita a far credere al mondo intero che il latte artificiale fosse migliore di quello materno, ed al movimento femminista, che vedeva nell'allattamento materno un limite alla realizzazione e alla libertà della donna: per poter diventare competitiva nel mondo del lavoro, doveva sottostare alle stesse regole degli uomini.
D'altra parte, il ricorso al latte artificiale si è reso necessario anche per via della rigidità con cui era condotto l'allattamento al seno e l'accudimento dei figli in generale: orari fissi e tempo limitato, scarso contatto fisico tra la mamma e il bambino, come prescritto dai modelli "educativi" dell'epoca, che miravano all'autonomia precoce.

Non è un caso, quindi, che il congedo di maternità (80% dello stipendio base) abbia una durata di 5 mesi e sia equiparato alla comune assenza per malattia : da 1/2 mesi prima del parto (che possono aumentare se la gravidanza è a rischio o il lavoro svolto non è compatibile con la gravidanza), a 3/4 mesi dopo ... e neanche che i permessi giornalieri per l'allattamento siano di 2 ore al giorno (1 per il part time) e quindi praticamente inutilizzabili se si lavora lontano da casa o si allatta a richiesta (come raccomandano le linee guida dell'OMS).

Con i congedi parentali (30 % dello stipendio base) arriviamo a 9/10 mesi dal parto, 13/14 se la mamma non ha un compagno, per qualsiasi motivo (ragazze madri, vedove ...): decisamente troppo presto per allontanarsi dal bambino  anche solo per 3/4 ore al giorno (c'è uno studio del 2007 che indica come l'allontanamento precoce della mamma dal bambino li danneggi entrambi) ... senza contare il discorso economico: una mamma sola, pur avendo un lavoro regolare, si trova a dover scegliere tra restare a casa con il piccolo, riuscendo a pagare a malapena le utenze, e tornare a lavoro, dovendo pagare in più anche l'asilo nido, il latte artificiale, i pannolini ... spese che restando a casa si potrebbero evitare, allattando a richiesta e praticando l'igiene naturale infantile, con indubbi vantaggi anche per l'ambiente ...

Con questo non voglio dire che bisogna tornare ai tempi in cui le mamme restavano a casa con i bambini a tempo indeterminato, anzi: le donne hanno tutto il diritto di realizzarsi professionalmente e le capacità organizzative per farlo e proprio per questo bisogna contrastare anche il fenomeno delle dimissioni post parto, dando alle mamme più tempo per riprendersi dal parto e riorganizzare la propria vita: partorire non è come operarsi di appendicite! Non ha senso quindi continuare a penalizzare le madri e i bambini con leggi che non sono fatte su misura per loro ...

Viste le linee guida attuali, la rivalutazione dell'allattamento al seno, il riconoscimento dei bisogni del neonato e tutti gli studi e le scoperte sulla psicologia pediatrica, urge un'aggiornamento delle leggi a tutela della maternità ed un prolungamento del congedo obbligatorio fino ai 18 mesi del bambino, con estensione facoltativa fino all'inizio della scuola dell'infanzia ed un trattamento economico dignitoso (in base al reddito familiare) per dare alle madri la possibilità reale di decidere come crescere i propri figli (ovviamente vale anche per i padri soli e lavoratrici autonome) senza dover ricorrere ad aiuti esterni (nonni, prestiti, fondi per nuovi nati ...)

Dopo i 18 mesi, il bambino potrà frequentare il nido e la mamma potrà tornare a lavoro, iniziando con un part time orizzontale, almeno finché il bambino non si sarà ambientato all'asilo ... I nidi dovrebbero essere integrati nelle scuole dell'infanzia (e il bambino potrebbe essere seguito dalle stesse insegnanti fino alla scuola primaria): in questo modo il percorso prescolastico potrebbe iniziare già a 2 anni e anche l'ingresso alla scuola primaria potrebbe essere anticipato a 5 anni.

Questa riforma potrebbe riaprire il mercato del lavoro: se per soli 5 mesi di assenza si può evitare l'assunzione di un sostituto, per 2 anni diventa, invece, necessaria ... quindi meno disoccupati e più contribuenti.

Rimane da stabilire come renderla fattibile, magari si potrebbe detassare il congedo, perché i datori di lavoro abbiano maggiore liquidità per assumere un sostituto. Certo occorre riformare anche il sistema fiscale e la mentalità perché l'assunzione di donne non diventi un "problema" per le aziende. Dove è possibile (perlopiù negli uffici), si potrebbero creare dei nidi aziendali per permettere a chi preferisce tornare a lavoro, di continuare ad allattare. Il termine di 18 mesi è di massima, se si può e si vuole tornare prima, si deve poter fare, ma senza subire pressioni. Anche per le lavoratrici autonome si potrebbe detassare il periodo di astensione, in aggiunta alle detrazioni sul reddito per i figli a carico. Certo non si può pretendere di mantenere lo stesso stipendio (o quasi) di quando si lavora a tempo pieno (a meno che quel lavoro non sia l'unica fonte di reddito della famiglia).

Per definire il progetto nei minimi particolari e poterlo presentare in Parlamento come petizione (la raccolta firme è già iniziata, ma ne occorrono 50 000), occorre anche l'aiuto di professionisti nel campo finanziario e legislativo.

4 commenti:

  1. Io ho avuto una madre anni 70, che mi ha dato il latte artificiale e mi ha educata premurandosi di trasmettermi l'idea di autonomia economica e professionale, tralasciando tutta la parte relativa alla mia eventuale futura maternità, che infatti quando è arrivata, mi ha trovata completamente inadeguata e spaventata. Per questa ragione, io, assieme a tante donne della mia generazione che hanno avuto lo stesso tipo di educazione, sono stata molto confusa circa il mio approccio all'allattamento. Subivo pressioni assurde da parte dei talebani dell'allattamento al seno, così come anche quelle del mondo del lavoro che mi voleva pronta, scattante e performante il giorno dopo del parto.
    Sul mio blog ho raccontato più volte la mia esperienza e ancora oggi resto dell'idea che la prima cosa da fare sarebbe educare i bambini (sia maschi, sia femmine) ANCHE a gestire quelle fasi della loro vita futura che non riguardano solo il loro mantenimento pratico, ma anche quello affettivo e familiare. Gli adulti di domani dovrebbero essere più preparati di quanto lo siamo stati noi, alla costruzione di una famiglia e all'accoglimento dei neonati. Dovrebbero poter scegliere in assoluta libertà se vogliono allattare naturalmente oppure con il latte artificiale. Deve essere una scelta libera e consapevole, senza alcuna pressione né in un senso né nell'altro. Una donna dovrebbe essere libera di tornare subito al lavoro, se lo desidera, potendo contare su un compagno complementare che si occupa anche dell'allattamento, e la stessa libertà dovrebbe avere la donna che desidera godersi ogni attimo con il proprio bambino, allattandolo come e più le piace. Entrambe le soluzioni dovrebbero essere condivisibili e non soggette a giudizi esterni, né dai cosiddetti esperti del settore né dalle logiche commerciali di produttori di latte artificiale o pompette tiralatte.

    A parte la questione culturale, resta quella professionale. Il mondo del lavoro è ancora indietro anni luce su questo. Fino a quando non si accettano ritmi di lavoro umani nelle aziende italiane, i problemi non saranno mai risolti e si dovrà sempre scegliere: fa carriera lui o fa carriera lei? Figli o non figli? Adeguandoci invece a orari realmente produttivi (quindi mai oltre le 17), potremmo veramente ragionare con calma sulla parità di genere (congedi obbligatori anche per gli uomini, libertà di scelta per le famiglie di suddividerseli come meglio credono, permessi per l'allattamento, sia per gli uomini, sia per le donne, orari flessibili, part time modulari, ecc...).
    Concludo dicendo che quello dell'allattamento continua a essere un argomento rivolto sempre e solo alle donne e di cui parlano sempre e solo le donne. Invece di questa cosa dovrebbero occuparsi anche gli uomini. Io, se fossi un uomo, vorrei poter dire la mia su come vorrei che fosse nutrito mio figlio, compatibilmente con le esigenze della mia compagna. Ma vorrei parlarne, almeno. Questo allargherebbe finalmente la discussione a TUTTA la società e non solo alla sua metà.
    Insomma, ci vorrebbe più serenità e libertà di scelta per tutti.

    Ho scritto troppo, ora la smetto.
    Complimenti per il blog!

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    1. non è mai troppo, se si esprimono concetti importanti ... ma al di là del fatto che anche gli uomini dovrebbero essere coinvolti nell'allattamento, che condivido in pieno, perché all'inizio le difficoltà ci sono e vanno condivise all'interno della coppia (non so come avrei fatto senza mio marito...), resta il fatto che se si è da soli/e, come si fa? Magari 2 di congedo obligatorio sembrano molti ... ma credo che sia un diritto - dovere dei genitori, aiutare il piccolo nella conquista dell'autonomia, senza intromissioni spesso fastidiose e destabilizzanti ... Negli ultimi 40 anni è stato violato il diritto delle donne di essere se stesse e seguire i propri ritmi, in nome di una parità fittizia e omologante: le parità dei diritti dovrebbe tener conto della diversità dei generi e aiutare chi è "svantaggiato" non pretendere che segua ritmi non suoi: è come pretendere che chi trasporta un fardello pesante sia veloce quanto chi non lo trasporta ... E anche in questo ti do ragione: per essere davvero tutti uguali, ognuno dovrebbe portare la sua parte di fardello!

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  2. Concordo con l'articolo... Sono stata una mamma impiegata full time che si è trovata a dover scegliere tra il far tirare su i figli ad altri o lasciare il posto di lavoro. 16 anni fa le garanzie erano ancora minori di oggi, x es non c'era alcun diritto in caso di malattia del bambino. Avevamo solo l'astensione obbligatoria che era solo fino a 3 mesi senza l'opzione di lavorare l'8° mese (che però è un'arma a doppio taglio...) e la facoltativa al 30% da usufruire entro il 1° compleanno. 2 ore di allattamento e fine della storia.
    Dopo tanti anni e una scelta drastica (dimissioni), ora lavoro con le mamme, mi sono reinventata, faccio una cosa che adoro ma non ho un reddito x contribuire alle entrate familiari, e a mio parere in questo tipo di organizzazione sociale/lavorativa la quadratura del cerchio è in pratica impossibile. Le donne devono ancora fare i salti mortali e da qualche parte penalizzare o penalizzarsi. I rari casi di mamme che possono conciliare figli e lavoro vanno sul giornale e spero che siano sempre di più, ma certo la stragrande maggioranza delle donne ne è esclusa..
    Quello che manca in Italia, è la reale considerazione dei figli come valore sociale a tutti i livelli, anche per la nazione.
    Quando la donna si mette in maternità è considerata un peso, per il datore di lavoro, per l'INPS, per il SSN... mentre in altri Paesi l'atteggiamento è totalmente diverso. La donna che si allontana dal mondo del lavoro per qualche anno e poi rientra, non è guardata come una che ha "perso tempo", ma che ha solo assunto un altro ruolo nel momento in cui doveva farlo. Non ha perso competenze, ne ha imparate altre. Invece noi non pensiamo alle necessità di un neonato e una neomadre, ma poi ci troviamo i figli trentenni in casa... abbiamo una società al contrario.
    Il ruolo del papà... Spesso riflettiamo nei corsi preparto del fatto che per il congedo di nozze si danno 15 giorni ai neo-mariti, mentre il neo-papà a malapena ha 3 giorni: non vi sembra emblematico??

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    1. totalmente d'accordo con te e con la petizione: in Italia va tutto alla rovescia e ci ci rimette è la famiglia intera!! e di conseguenza la società

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