Cesareo, episiotomia e medicalizzazione hanno contribuito nel tempo a risolvere parecchie complicanze del parto, che altrimenti avrebbero avuto esiti mortali. Tuttavia in Italia sono spesso considerate la norma, specialmente nelle regioni meridionali dove statisticamente il cesareo è più programmato, anche senza reali motivazioni cliniche, semplicemente perché se ne è già affrontato uno o per "comodità" e "tranquillità" di alcuni medici (che fanno anche terrorismo psicologico per convincere le pazienti più ritrose).
Ecco cosa scrive al riguardo Michele Grandolfo nel rapporto ISTISAN 12/39 (pag. 9):
"l'eccesso di parti con taglio cesareo ha ormai superato ogni livello di decenza e la comunità dei tecnici si dovrebbe interrogare sul perché si operi in così clamorosa contraddizione rispetto all'evidenza delle prove scientifiche – è utile ricordare che la pretesa autorevolezza dei tecnici rispetto alla cultura sapienziale delle donne sapienti (sages femmes) dovrebbe trovare fondamento sul rigoroso riferimento alle prove scientifiche. La conferma che non c’è giustificazione medica per “l'epidemia” dei tagli cesarei, senza uguali nel resto del mondo industrializzato, è la maggiore prevalenza al Sud, dove si registrano indicatori di salute neonatale peggiori, nei centri nascita più piccoli (con un chiaro gradiente) e in quelli convenzionati e, ancora di più, in quelli privati. Quando necessario, non più del 15% dei casi, il taglio cesareo è salvavita. Il rischio associato a tale procedura (aumento di due volte della mortalità neonatale e di tre volte quella materna) è ampiamente compensato dal rischio corrispondente all’indicazione medica (pag 11, 12). Quando il taglio cesareo non è indicato significa consumare più risorse preziose con maggior danno per la salute... Anche in caso di parto vaginale le pratiche non raccomandate sono prevalenti nel nostro Paese, dall’induzione all’episiotomia, per finire con l’epidurale (oggi di gran moda): molto al di là di quanto ci si aspetterebbe tenendo conto delle indicazioni scientificamente fondate. Non è solo la donna che paga le conseguenze di modalità operative che non trovano giustificazione scientifica, anche le persone che nascono, come si è accennato, subiscono un insulto alla loro salute (dal taglio cesareo all’epidurale e al taglio del cordone ombelicale quando è ancora pulsante), così come devono subire una violenza inusitata quando non viene permesso con tempestività il contatto pelle-pelle, essenziale per l’avvio dell’allattamento al seno, per non parlare della costrizione al nido, dell’allattamento a ore, delle “aggiunte” e così via."
Nello stesso rapporto si afferma infatti che...
"Le donne preferiscono di gran lunga il parto vaginale, sia che abbiano partorito spontaneamente (90%), sia che abbiano avuto il taglio cesareo (70%). Le stesse percentuali si hanno considerando donne con esperienza di parto precedente, spontaneo o con cesareo. Le stesse indagini confermano che il 95% delle donne desidera allattare al seno..."
In realtà, ci sarebbero delle indicazioni molto precise per il cesareo (le linee guida dell'ISS), che in quanto intervento salvavita, non andrebbe utilizzato se non in caso di reale ed assoluta necessità, perché ha delle controindicazioni anche molto severe ... e così anche l'episiotomia, che in molti centri è diventata di routine.
Le linee guida del 2012 mettono nero su bianco che dopo uno o due cesarei è considerata buona pratica clinica (BPC) tentare il travaglio di prova (pag. 20) e quindi il parto vaginale, che presenta molte meno controindicazioni rispetto al cesareo e rappresenta la norma biologica, per quanto riguarda la nascita.
Gravidanza e parto (soprattutto in assenza di patologie) dovrebbero essere seguiti prevalentemente da un'ostetrico/a e si dovrebbe garantire l'assistenza (gratuita!) anche al parto in casa (in tutta l'Italia!), i cui rischi oggettivi sono sovrapponibili a quelli del parto vaginale in clinica (da statistiche e linee guida OMS, pag 13/14):
"Uno studio condotto nella provincia di Gelderland, ha confrontato il “risultato ostetrico” dei parti casalinghi con i parti ospedalieri. I risultati hanno messo in evidenza che per donne primipare con una gravidanza a basso rischio il parto in casa era sicuro quanto quello in ospedale. Per le donne multipare a basso rischio il risultato del parto in casa era addirittura migliore del parto in ospedale (Wiegers et al.1996). Non ci fu nessuna prova che il sistema di assistenza alle donne gravide potesse essere migliorato da una maggiore medicalizzazione dei parti."Quindi, sempre secondo l'OMS...
"una donna dovrebbe partorire nel posto in cui si sente più sicura, a suo agio, e dove siano possibili le cure appropriate. Per una donna gravida a basso rischio questo posto può essere la casa, una piccola clinica di maternità o centro di nascita o forse nel reparto di maternità di un grande ospedale. In ogni caso deve essere un posto in cui tutte le cure e le attenzioni sono concentrate sulle sue necessità e sulla sua sicurezza, il più vicino possibile alla sua dimora e alla sua cultura. Se il parto avviene in casa o in un piccolo centro di maternità, l’organizzazione per un eventuale trasferimento in un centro “ben equipaggiato” dovrebbe far parte dei piani preparativi prenatali..."
Ciò che influisce in modo preponderante sulla riuscita di un parto vaginale è il tipo di assistenza che si riceve... un sostegno di tipo empatico, dato da persone conosciute già in gravidanza, che infondano nella partoriente calma, serenità, fiducia nelle proprie possibilità è senz'altro più efficace di un approccio freddo e asettico come può esserlo quello del personale ospedaliero al cambio turno.
"Le relazioni e gli studi randomizzati sul sostegno durante il travaglio da parte di una singola persona “una doula” ostetrica o infermiera, hanno dimostrato che un continua presenza empatica e fisica durante il travaglio porta numerosi benefici:Infatti nel Rapporto Istisan 12/39 la figura dell'ostetrico/a viene descritta il soggetto più adatto a seguire la gravidanza fisiologica (e tutte le gravidanze lo sono, finché gli esami clinici non dimostrano il contrario!):
- travaglio più breve;
- una significativa diminuzione dell’uso d’analgesici, farmaci e anestesie;
- un indice di Apgar maggiore di 7;
In ogni caso la presenza costante ed un sostegno empatico hanno ridotto significativamente l’ansia e la sensazione di non essere state in controllo e quindi di aver vissuto un brutto parto nelle donne nelle 24 successive la nascita del bambino. Questo ha un effetto positivo anche sull'allattamento al seno 6 settimane dopo il parto." (linee guida OMS, pag 15/16).
- diminuzione dei parti operativi
"Non c’è giustificazione scientifica perché esperti di patologia seguano gravidanze e parti fisiologici. L’ostetrica ha tale competenza, riconosciuta dalle norme; agisce in completa autonomia, essendo sua competenza professionale riconoscere la condizione di rischio e in tal caso richiedere l’intervento dell’esperto di patologia, ma seguitando ad operare per assicurare lo sviluppo e la valorizzazione della competenza della donna e della persona che nasce. Non c’è nessuna giustificazione giuridica che impedisca che le ostetriche possano prescrivere (analisi e farmaci, secondo protocolli specifici) quanto è necessario per il follow-up di una gravidanza, di un parto e di un puerperio fisiologici (come è loro consentito in Francia). Le indagini dell’ISS dimostrano che quando la nascita è presa in carico, in tutto o in parte, dai consultori familiari pubblici e dalle ostetriche, si ha la maggiore esposizione alle pratiche raccomandate dalle conoscenze scientifiche disponibili e dalle norme attualmente vigenti. Si ha anche una minore esposizione a quelle non raccomandate."
Anche la libertà di movimento durante il travaglio accelera e facilita il parto, possibilità che non sempre si ha negli ospedali. Insomma, perché la nascita avvenga senza violenza, bisognerebbe rispettare tempi ed esigenze della mamma e del neonato, favorendo e prolungando il loro primo contatto (pulizie e misurazioni varie possono attendere se entrambi stanno bene!) e anche questo, purtroppo, negli ospedali non è sempre possibile.
La soluzione a questa situazione, in Italia, sarebbe la piena attuazione del POMI (basato sul potenziamento dei consultori e sull'ampliamento del campo d'azione dell'ostetrico/a), che prevede (nell'ambito del "percorso nascita" e della promozione della salute in generale):
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- offerta attiva di consulenza prematrimoniale,
- offerta attiva di consulenza in gravidanza (quanto sarebbe opportuno che il certificato di esenzione dal ticket o la cartella ostetrica o il libretto del percorso nascita venissero rilasciati dai consultori familiari, auspicabilmente dall’ostetrica!),
- offerta attiva dei corsi di preparazione alla nascita;
- offerta attiva di visite domiciliari o in consultorio dopo il parto.
- offerta attiva di corsi di educazione sessuale nelle scuole, offerta attiva di spazi adolescenti dentro e fuori i consultori.
- offerta attiva del pap-test e della mammografia,
in un contesto di integrazione negoziata dei servizi distrettuali e di ASL (da Rapporto ISTISAN 11/12, pag 14)...Questo progetto dovrebbe avere copertura nazionale, perché ogni donna sia libera di scegliere consapevolmente, e senza pressioni, come, dove e quando partorire, essere informata con trasparenza sugli sviluppi della gravidanza, non essere costretta a scegliere tra l'ospedale più vicino e la possibilità di decidere come partorire, perché tutte le strutture dovrebbero seguire lo stesso protocollo, le stesse linee guida... Insomma, TUTTE le donne (e i loro bambini) dovrebbero avere lo stesso diritto a vivere con serenità quel delicato momento.
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